Marcellise, 21/04/2007
LA NOSTRA STORIA
Racconto un po’ della nostra storia,
per rinfrescare la nostra memoria.
Siamo nati sessant’anni fa con la levatrice,
quando non c’era né la televisione né la lavatrice.
Era un periodo di miseria e tanta povertà;
crescevamo nell’innocenza, nell’obbedienza e nella sincerità.
Mamma e papà ci raccontavano i sacrifici e la fatica giornaliera,
noi attenti li ascoltavamo come fossimo in preghiera.
A sera, raccolti vicino al camino che emanava calore,
recitavamo il rosario stretti in un solo cuore.
La scuola a sei anni ci ha convocati per una nuova esperienza,
e noi entusiasti primigini ci siamo aperti alla nuova conoscenza.
Piccolini, indossavamo i neri grembiulini,
bianco avevamo il colletto, e un nodo stringeva il fiocchetto.
La nostra cartella era molto leggera:
solo un astuccio, un libro e due quaderni conteneva.
Dai monti scendevamo per sentieri giù in pianura,
giungendo a scuola a piedi respirando aria pura.
Iniziammo la prima classe con la maestra Albertini,
proseguimmo con Dalla Persia, Spiller, Piazzi e finimmo con la Tomasini.
Noi scolari scrivevamo con l’inchiostro e pennino,
con la carta assorbente asciugavamo macchie e qualche errorino.
Le aule erano riscaldate con le stufe di mattoni:
ci scaldavamo, al poco calore, le mani e i geloni.
La maestra Rosa Bruna cucinava le mele mentre insegnava
che, poi, durante la merenda, da sola gustava.
Un momento tanto desiderato era la ricreazione,
giocavamo con biglie, palla e corda divertendoci con soddisfazione.
All’insaputa di tutti venne Don Arnaldo Gasparini,
a lamentarsi con la maestra per i bambini,
perché mentre le bambine saltavano, le gonne si alzavano
e gli occhi degli innocenti bambini turbavano.
Così la cara maestra, da quel giorno la corda eliminò,
ed essa avvolta nell’armadio per lungo tempo riposò.
Quando l’acqua del progno correva Carla e Angiolina dovevan passar,
saltellando agli ostacoli le scarpette si bagnar,
nascoste nella nicchia del “perlar”,
c’era sempre un altro paio di scarpette da cambiar.
In primavera quando spuntavano i primi fiorellini,
ogni bambino portava alla maestra dei profumati mazzolini.
Oltre a studiare imparavamo anche a lavorare,
punto erba, orlo giorno… portavamo un fazzoletto da ricamare.
Compiuti poi quattordici anni, ci si rimboccava le maniche,
e a noi si spalancavano le porte delle fabbriche.
Chi è diventato operaio, chi impiegato o imprenditore,
una ragazza si è fatta suora e un ragazzo è diventato dottore.
Il lavoro è ormai da molto tempo cominciato,
e poi, col matrimonio, il nostro impegno è aumentato,
ma grazie ai tanti sacrifici e ai molti consigli,
la nostra vita è stata rallegrata dall’amore del coniuge e dall’arrivo dei figli.
Ora siamo genitori, zii e anche felici nonni,
perché nella nostra vita abbiamo visto realizzare i propri sogni.
Se gli anni di vita ci fanno invecchiare,
l’amore e l’amicizia tutto ci fanno superare.
Ringraziamo il Signore che ha piantato le nostre “raise”,
qui nell’assolato e bel paese di Marcellise.
E come finale, il mio saluto augurale:
rivediamoci nell’anno che viene,
per brindare come si conviene,
ad un gruppo di amici
per sempre allegri e felici!
Candida Zandonà